L’ex monastero annesso alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, edificato dai Frati Minori Osservanti nel 1580 a spese del principe D. Tommaso Gioeni allora signore di Burgio, fu poi ceduto ai F. M. Riformati, che lo hanno abitato fino alla soppressione degli ordini religiosi nel 1866 per via delle Leggi Siccardi. Nel dopoguerra ha ospitato le suore Teatine ed infine le suore Cappuccine. Verso la fine dell’Ottocento una parte del monastero venne trasformato in ospedale. L’imponente edificio, dominante il paese dall’alto, ha un prospetto sottolineato da due corpi angolari lievemente aggettanti e da un cornicione che lo fanno apparire simile ad un castello. Anche gli spazi interni presentano un aspetto imponente con larghi corridoi su cui si aprono le celle. Un grande chiostro quadrato, circondato da un quadriportico colonnato dona respiro e luminosità a tutti gli ambienti interni. Si conservano tracce del giardino, dove si notano i resti di sedili in pietra su cui si sedevano i monaci nei momenti di meditazione e di svago,  e inoltre si conserva ancora, in ottime condizioni, il pozzo. La chiesa di Santa Maria delle Grazie fu edificata nel 1580 nella parte alta del paese, aggregata al monastero dei Frati Minori Osservanti (e poi dei PP. Riformati).
L’interno, ad unica navata, ha un ampio coro al di sopra del portale d’ingresso. Si conservano ancora tracce di decorazione barocca. Il secondo altare laterale, a sinistra, custodisce un bel gruppo scultoreo in marmo, raffigurante Sant’Anna e Maria Bambina, dono del principe di Campofranco, del quale porta scolpito sul piedistallo lo scudo araldico, datato 1668. La Santa, dal volto rugoso e reso con toni espressionistici, tiene con una mano un libro aperto e con l’altra sembra guidare Maria, che ha lo sguardo rivolto verso la madre. Le vesti delle due figure presentano  un decoro a broccato con motivi floreali, sulla scia della tradizione decorativa gaginesca. I tratti stilistici, dettati da un linguaggio a metà tra classicismo gaginesco e realismo devozionale barocco, riportano l’opera nell’ambito di Gaspare Guercio, scultore palermitano vicino ai Francescani, che eseguì diverse opere per l’Ordine nella Sicilia occidentale.