Gli spazi e i sistemi costruiti e tramandanti nei secoli per la produzione ceramica nel quartiere dei figuli di Burgio sono architetture dotate di un proprio codice di comunicazione ed  espressioni di un’ ”arte della ceramica” che si manifesta fin dai luoghi e dagli strumenti della produzione, in autonomia dal manufatto stesso, che pure rimane il fine di tutto il sistema.
Le opere edificate scaturiscono da processi formativi di grande complessità ed implicano un arco molto vasto di tempo, di contesti etnoantropologici, di saperi e di tecniche, di un pensiero simbolico, e dunque di un valore estetico in quanto forme espressive.
Il quartiere dei Figuli è caratterizzato  dall’insieme delle macchine architettoniche (botteghe e fornaci)  e dalla storia dei sistemi che essi formano e trasformano in quanto insiemi di cose e di luoghi.
E’ la funzione l’elemento pregnante, che determina l’architettura delle macchine e definisce la sua immagine percettiva d’insieme.
Di questa scena fanno parte la collina, la roccia e l’acqua, complementi spaziali  del paesaggio, i quali connotano il genius del luogo, lo caratterizzano,  dandogli una specificità  di architettura “naturale”.
Il quartiere dei figuli è posto ai margini del centro urbano che costituisce barriera e confine del primigenio impianto. Prende nome di Nall’arte, con significativa pregnanza nel designare il luogo con un toponimo che alla fiumara lungo il cui margine sorgeva l’insediamento produttivo e che identifica, come già evidenziato, l’intero processo produttivo come “arte”, cioè insieme di saperi.
La  quinta delle fabbriche si erge su  di una roccia che disegna il pendio e che si protende sul  “Garella” . Il sito venne realizzato  nel XIV secolo dai “quartarari” e perfezionato alla fine del XVII dai “cannatari”, per la produzione di vasellame in semplice terracotta prima e di vasellame invetriato poi.
L’insieme delle fabbriche si adagia lungo le curve di livello, separate da una trazzera interna e dagli slarghi costituenti pertinenza delle singole putìe. La bottega aveva come fulcro la fornace; il forno costituito da elementi modulari in terracotta, preparati dallo stesso stazzunaro/ceramista, montati con malta di cenere.
I volumi semplici dei vani bottega sono realizzati con massa muraria in spessore a secco con pietra grigia del luogo, informe e rinzeppata in epoche successive con cocciopesto.
Le fabbriche poggiano direttamente sul suolo, composto da tufo arenario poco compatto, il quale a seguito della sua facile lavorabilità si è prestato alla realizzazione dei salti di quota da un ambiente all’altro, assolvendo anche a funzioni di parete.
Negli ambienti unici, talvolta separati da un muro che contiene un’apertura ad arco dove l’altezza è sufficiente, sono presenti dei soppalchi in legno. Caratteristica, questa, della fornace più grande, la quale possiede tre forni di tipo verticale, con camere sovrapposte a sezione circolare, realizzati con moduli primigeni ed ordinatori di materiale refrattario.
Il declivio naturale la divide in due parti non collegate, superiore e inferiore, ciascuna avente ingresso indipendente raggiungibile dalla trazzera. In un’unica soluzione cromatica apparivano le pavimentazioni costituite da terra battuta, tranne che per la zona della fornace, dove il selciato è costituito da lastre di pietra arenaria squadrata, posate in opera senza un particolare ordine.