Il quartiere dei figuli, ubicato nelle immediate vicinanze del centro storico di impianto medievale, a ridosso delle cave d’argilla lungo il torrente Garella, costituisce un’eloquente testimonianza di un perfetto equilibrio e interazione fra la prassi umana e la natura. La ricchezza dell’acqua, la buona qualità dell’argilla, la presenza dei boschi da cui ricavare la legna per il fuoco delle fornaci, dovettero in qualche modo richiamare l’uomo fin dall’antichità all’arte dello stazzuni, rendendo Burgio uno dei centri più importanti della Sicilia per la produzione ceramica.
Il quartiere dei Figuli, un tempo centro vitale dell’economia del paese, votato per  natura all’arte della ceramica, appare oggi  in uno stato di semiabbandono e visibilmente trasformato nella configurazione originaria: gli ambienti interni funzionali alle botteghe sono oggi destinati a pollai per le galline e a piccoli giardini di agrumi, altri ricoperti in lamiera o eternit sono stati  riconvertiti in magazzini e depositi.
Difficile individuare i confini netti di un universo produttivo che andava ben oltre il quartiere convenzionale, in quanto sui resti delle antiche fornaci sono sorti nel tempo palazzi nobiliari e residenze, mentre i materiali da scarto della lavorazione della terracotta, restano disseminati dappertutto lungo i dintorni del paese. Certamente il quartiere si originava attorno al versante sud-est della periferia, a ridosso della montagna d’argilla, delimitato dal torrente Garella, luogo delle prime e più antiche attività, quelle dei canalari: caratterizzate da larghi spazi aperti (u chianu) per l’esposizione dei manufatti, coperti solo dalle caratteristiche pinnate (coperture di tegole) per il riparo dagli agenti atmosferici.
Dalla montagna e lungo il fiume, il quartiere si addensava di numerose botteghe e fornaci, lungo la collina verso il quartiere San Rocco e la via Santa Croce, in prossimità della Chiesa Madre, fuori dal perimetro urbano. Anche l’antica toponomastica, oggi rievocata su moderne mattonelle in ceramica, attesta i luoghi della produzione: vicolo Stazzuni, via Garella e di nuovo contrada Stazzone e vicolo Garella, a riprova dell’estensione del vecchio quartiere. L’insediamento era caratterizzato da una fitta trama di piccole strutture produttive poste l’una accanto all’altra, a schiera con due o tre ambienti chiusi destinati alla tornitura, alla cottura del vasellame e alla fusione del piombo e altri minerali. Proprio là nella grande montagna di argilla iniziava la prima fase del lavoro, quella dell’estrazione della creta per l’impasto. Lunghi e profondi solchi sulla cava indicano ancora oggi la divisione e distribuzione delle zone fra i diversi artigiani per il prelievo della materia prima.